Dal 1 gennaio 2023 è entrato in vigore l’obbligo di etichettatura ambientale su tutti gli imballaggi, una decisione che porta le aziende a rivedere la produzione con una maggiore attenzione al proprio impatto ambientale. La normativa infatti riguarda qualsiasi tipo di imballaggio che dovrà essere facilmente identificabile per essere poi smaltito in modo corretto.

La scelta si deve ad una direttiva europea che mira a “facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali”, in sostanza rendendo più efficiente la raccolta differenziata.

Abbiamo approfondito l’argomento dell’etichettatura ambientale nel blog di Bioecolution, scoprendo meglio quali sono le cose da sapere per le aziende, la gestione dei materiali e le pratiche da seguire, ma vediamo insieme i punti salienti.

Quali aziende riguarda la normativa?

La risposta semplice è che riguarda tutti in quanto nella norma si parla di “responsabilità condivisa” tra tutte le parti che si occupano della commercializzazione di un prodotto, dal produttore al distributore fino al venditore al dettaglio. Chiunque è coinvolto nell’immissione sul mercato di un bene è “responsabile” del corretto smaltimento del suo imballaggio, che deve quindi essere ben etichettato.

Questo può creare delle criticità per i commercianti e importatori di merci da paesi esteri dove possono esserci obblighi diversi per gli imballi (o non ci sono proprio) e dove non c’è la possibilità di dialogare facilmente con il produttore per intervenire sulla produzione del packaging. La norma tuttavia considera anche queste casistiche e prevede delle soluzioni alternative da applicarsi in base alla destinazione del prodotto (se in ambito B2C o B2B), ad esempio attraverso sistemi digitali.

Come costruire l’etichettatura ambientale?

Anzitutto è bene chiarire che l’etichetta ambientale dovrebbe essere presente su ciascuna componente separabile dell’imballo. Quando questo non è possibile, inserire tutte le indicazioni sul corpo principale dell’imballo o sulla componente che rende meglio visibile le informazioni al consumatore.

Altro aspetto da considerare è se l’imballaggio è realizzato con solo un materiale oppure se ce ne sono diversi: in tal caso diventa necessario etichettarli entrambi o renderli facilmente identificabili.

Codifica del materiale: andrà scritta come indicato nella Decisione 129/97/CE, quindi con abbreviazione e numero corrispondente al materiale (ad esempio: PET 1 per una bottiglia di plastica, o PAP 20 per una scatola di cartone ondulato). In caso di imballaggi destinati all’ambito B2B può bastare la codifica del materiale assieme alle informazioni per la raccolta (deve essere chiara la famiglia del materiale).

Sono poi consigliate tutte le altre indicazioni o raccomandazioni che possono facilitare una raccolta di qualità, specie per imballaggi di più materiali o con molte componenti.

Famiglia di materiale: sta ad indicare in quale categoria di rifiuti andrà buttato l’imballo, o più semplicemente in quale cassonetto gettarlo. In caso di imballo monomateriale sarà presente una sola famiglia, mentre con più materiali di famiglie diverse andranno indicate tutte quante. Ad esempio un vasetto di salsa andrà smaltito nel vetro, ma il coperchio invece va gettato nel metallo. La famiglia di materiale è un’informazione che diventa obbligatoria per il settore B2C.

Tipologia di imballo: non è un informazione obbligatoria, ma per imballaggi multi-componente è fortemente consigliata per poter distinguere facilmente i vari elementi e quindi dove smaltirli, specialmente per il settore B2C. Riprendendo l’esempio del vasetto di salsa, si raccomanda di specificare chiaramente il nome dei vari elementi e la famiglia di materiale a cui appartengono (vasetto – raccolta vetro; coperchio – raccolta metalli).

Indicazioni aggiuntive: si intendono tutte le informazioni ulteriori che possono migliorare la raccolta differenziata. In primis, la raccomandazione di verificare le disposizioni del proprio comune in quanto potrebbero esserci direttive speciali per alcuni materiali o tipologie di imballo.
In secondo luogo tutti i suggerimenti per garantire una raccolta differenziata di qualità, come può essere lavare i contenitori prima di gettarli (specie per prodotti alimentari), assicurarsi che l’imballo sia vuoto del suo contenuto (molto importante per liquidi e gas), o come schiacciare le bottiglie, etc…

Conclusioni

È chiaro che l’argomento dell’etichettatura ambientale è molto più complesso di quanto descritto in questo articolo e le casistiche sono da valutare caso per caso in quello che è il vastissimo mondo degli imballaggi, senza contare che resta la possibilità di una revisione periodica delle linee guida del CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi). Per questo a chiusura di questo articolo vi lasciamo alcuni link di approfondimento per aiutarvi a valutare quale sia la via da seguire migliore per la vostra azienda.

Dal nostro punto di vista abbiamo seguito con attenzione l’evolversi della normativa da quando è stato approvato il decreto, premurandoci di apportare i dovuti interventi sui progetti ad hoc sviluppati per i nostri clienti. Conosciamo le criticità a cui vanno incontro le aziende, siamo familiari con le rigidità degli uffici regolatori di farmaceutiche e non e come procedere senza problemi con i loro materiali promozionali, e sappiamo guidare e affiancare i Brand nel presentare i loro articoli personalizzati ai loro contatti, sia che si tratti di oggetti di importazione che di prodotti su misura.

Collegamenti utili:

Etichettatura ambientale: Le cose da sapere per le aziende – Approfondimento su Bioecolution

Decreto legge 116 del 3 settembre 2020

Art. 218 D.Lgs. 152/2006 – definizione imballaggi

Linee guida CONAI

Decisione 129/97/CE – codifica dei materiali di imballaggio